martedì 20 dicembre 2011

martedì, 18 dicembre 2007

Nei tuoi occhi

Sabato ho passato una magnifica serata. Daimon nel pomeriggio mi chiama dicendomi di essere libero e di voler passare da me prima di partire lunedì per lavoro. I miei amici sono tutti via e penso di approfittare della situazione per una cena in città. 

Sabato, una settimana prima di Natale e senza prenotazione: trovare posto sembra un'azzardo, ma a noi piace anche così, senza progettare troppo, lasciare un pò al caso e adattarci alla situazione. Inizialmente non lo vedo molto convinto, ci fermiamo al bar vicino a casa, mette i soliti cinque euro nelle macchinette e, nonostante lo stato ansioso in cui cade sempre il suo ragazzo quando vede le malefiche slot-machine mangia soldi, riesce a guadagnarcene venti.  L'umore è allegro e quando prendo le chiavi della macchina e mi metto alla guida della Panda di mia mamma, lui non è troppo preoccupato e sembra quasi convinto della mia guida "sicura".  Allacciamo le cinture e  partiamo.

Troviamo parcheggio davanti ad un negozio e sotto il cartello "Passo Carrabile" interrogandoci se sia valido sempre o faccia eccezione l'orario di chiusura serale: io son convinto di no, ma tant'è che l'abbiamo fregato ad un altra coppia e uscire dal finto parcheggio sarebbe stato inopportuno, oltre a costringermi a chissà quale strana manovra per far passare l'altro e permettermi di andarmene.

Data la mia fissa per i bar "decenti", c'incamminiamo per più di un quarto d'ora per passare in rassegna i possibili posti papabili. Dei tre in programma, i primi due li troviamo chiusi, al terzo, oltre all'alcol, ci aspetta la pantomima di un allegro ragazzo ubriaco, con scarse doti canore, intento ad una rassegna quasi completa delle canzoni 
anni '60-'70 più usate nei film(Aretha Franklin, Beattles  e credo l'intera colonna sonora dei  Blues Brothers...). Il tipo ci fa pure una serenata e così ci sembra la serata ideale per noi due.  Daimon è felice e c'è qualcosa nel suo sorridere e nei suoi sguardi che non riesco bene a spiegare, ma in quelle volte è come se, per qualche attimo, io vedessi con i suoi occhi e con il suo stato d'animo, un mondo nuovo e con delle sorprese. Così, quello che a me nella norma mi parrebbe una presenza molesta e un rumore fastidioso, tramite lui, con rara ingenuità e semplicità, diventa una esternazione festosa di una persona felice. E vedo le cose per come stanno, senza l'etichetta del luogo o della situazione che t'imporrebbe un certo comportamento o un certo ruolo. Perchè lui, indubbiamente, vede le cose in maniera diversa da me, più naturale e istintiva della mia, senza quel groviglio di "ma" e "se". Poi succede che ci guardiamo negli occhi e nel suo perlustrare si ferma per sorriddermi a lungo e mi accorgo di ciò che prova nei miei confronti. E così mi riempio di quel sentimento chiamato amore realizzato.

Cambiamo bar dopo il terzo bicchiere, ma solo al sesto decidiamo sia giunto il momento di cenare. Ci dannno venti minuti per il tavolo e scegliamo di fare una capatina all'unico bar gay di NordicaCity. Entriamo e una voce saluta Daimon. Lui si volta pietrificato. "Ehi, Daimon, che ci fai qui?", ma sopratutto come spiegare ad un tuo compaesano delle valli di essere entrato casualmente in un bar gay-frendly accompagnato da un altro uomo che tieni per mano e che hai appena finito di chiamare "amore" senza per forza sembrare una frocia? Speri al massimo che il tipo in questione  sia gay pure lui, oppure rispondi al saluto  con un altra domanda  e intanto affermi di essere una checca da sempre  e  mi presenti come il tuo ragazzo.  Daimon ha optato  per la seconda, e  la speranza poi si è trasformata in realtà. Ci siamo fermati così a bere qualcosina assieme al suo vecchio amico ritrovato, e tra una chiacchiera e l'altra Daimon si è mostrato particolarmente tenero e desideroso di baci. A cena, con qualche bicchierino in più, mi ha confidato, anche se non lo vuol dar a vedere, di essere molto geloso del suo Aluchino... e l'ego, s'impenna! A chi non piace sentirsi desiderato dal proprio partner?

Nel nostro piccolo tavolo, stipati vicini ad altre mille coppie, mi sembrava di avere tutto il mondo fuori come ai margini di una palla di vetro, in cui la scena centrale stavamo io e lui, con la luce liquida nei suoi occhi a romantizzare tutto il phatos dei nostri gesti e delle nostre parole. Tiamo, ichliebedich, vuoisposarmi?

Lo farei, davvero.

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