martedì 20 dicembre 2011

domenica, 23 marzo 2008

Giorni fa...

Martedì ero sul treno di ritorno a Nordica, dopo esser stato a ricevimento dal professore che mi segue, per modo di dire, per la tesi e ho buttato giù qualche riga.

"Nei pochi momenti di lontananza, dove il mondo in cui vivo quotidianamente mi sembra il terzo mondo per l'Occidente(un mito, uno spettro del purgatorio, l'uomo nero dei bambini), riesco a trovare lo spazio necessario alla testa per mettermi a scrivere. Questa mattina, messo piede fuori di casa, ho realizzato di essere preda facile di sentimenti quali la paura, il panico e l'oppressione. Devo vedermela con il tempo che passa, non mi è possibile stare fermo poichè non vi è pausa in esso.

Sono immerso nel dovrei fare senza direttive, una barca impazzita che ha perso la buissola e non sa se si sta allontanando o avvicinando al porto, anch'esso ignoto e sconosciuto. E il tempo son le onde, sirene incantatrici, mi portano verso gli scogli rocciosi, ineluttabili, sempre più dannosi e perfidi."

Pieno risultato di mancanza di letture decenti negli ultimi cinque anni, mi ritrovo ad esprimermi con un lessico d'accattone. Avrei dovuto fermarmi al dire che sto male, ma ho voluto strafare, straforando l'indecenza.

Oggi è Pasqua, pranzo con parenti tutti e abbuffata in grande stile con due antipasti, quattro primi, quattro secondi, e due dolci. Iniziato a mezzogiorno, abbiamo finito alle tre e mezza, manco fosse il pasto matrimoniale. L'unica cosa mancante era l'alcool, ridotto a due misere bottiglie di vino, disputate con lo zio aquisito prete(sì, ho uno zio aquisito prete, non è un vero zio, ma c'è pressochè ad ogni domenica, vessillo incrollabile, viene solitamente deriso e canzonato in simpatia... e a mia nonna non gli piace il Papa e in generale è anti-clericale, alle elezioni voterà l'arcobaleno...). A differenza di molti, queste riunioni famigliari a me son sempre piaciute. Solo da qualche anno hanno cominciato ad innescare in me una certa tristezza. Il motivo è subito detto: tutti a tavola sono accompagnati dal rispettivo partner. Tranne ovviamente il sottoscritto. Il partner ce l'avrei(è Daimon per chi se lo fosse dimenticato), ma non è mai stato invitato. Forse dovrei sentirla più una questione di tempo e non qualcosa legato alla mia condizione di omosessuale. In molti, cioè a chi si può permettere di vivere l'amore in maniera spensierata, senza il sentore di infrangere qualche tabù, libero di tenere la mano a qualcuno in pubblico senza attirare particolare attenzione, questi pranzi, questi avvenimenti famigliari sono visti quasi con stizza. Io invece li invidio, e non tanto per le famiglie o per ciò che può voler dire portare il proprio partner a queste reunion, ma perchè hanno la possibilità di andarci con o senza, di lamentrsi della pressione da sopportare andando a farsi osservare dalla famiglia di lui/lei. Io ci devo andare senza, come se il rapporto con il mio ragazzo fosse di serie B, come se il mio amore lo fosse. E a me sta cosa mi rattrista.

Lo dice uno che si commuove ancora quando vede La Bella Addormentata Nel Bosco, e gli vien da piangere quando lei parla del Principe Azzuro. Forse perchè in fondo, nonostante tutto il mondo qua da me, credo ancora nelle favole e nei lieti fine. So di crederci e probabilmente, allo stesso, so di essi essere una sciocca, fanciulla e immatura illusione.

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