martedì 30 aprile 2013

Quadrati e Cubi

E di che potrei parlare se non di lavoro? Belli i tempi dove passavo le giornate a occuparmi di giocare e farmi le menate sugli spasimanti! Ora passo il tempo a sognare le vacanze e a far puzzare un po' il lavoro che faccio.
Fondamentalmente devo essere un insicuro e sopratutto un rigido con me stesso. Abbiamo costruito un progetto, ho aiutato nel costruire il budget affidandomi ai tecnici e alla loro "tecnicità", avendo pure il compito di NON coordinare nulla. Ovviamente, io che sono stronzo fino al midollo dell'osso, non ho potuto fare altro che in Dicembre chiedere come stavano andando le cose. E guarda un po'? Si scopre che le cose non stanno andando come erano state programmate. Ora, visto che sono un progettista e visto pure il desiderio magari di riproporre il prodotto per eventuali nuove edizioni, ho voluto, da stronzo, cercare di capire cosa non è andato e cosa si può fare per risolvere. In un clima di collaborazione e stante il finanziamento che si è ricevuto, si cerca un compromesso tra i tecnici e l'apparato amministrativo, ovvero si cerca di coordinare. Ecco, questo è stato il momento in cui ho fatto troppo: non importano né le intenzioni, né tantomeno se l'azione è stata utile. Sono stato fuori dai ranghi! Ed ho continuato a stare fuori dai ranghi fino alla scorsa settimana, quando malauguratamente me ne sono andato in ferie ed ho dovuto passare le consegne ad altri. Questi altri, sono il padre della coordinatrice di un azione del progetto, che all'ultimo ha capito che non si sarebbe riusciti a consegnare il materiale in tipografia. Quando se ne è accorta? Il giorno prima della consegna... e poi si è ritardato di un altra settimana. Come coordinatore io mi incazzerei, come progettista ho bisogno di sapere cosa non è andato, se davvero era qualcosa di incontrollabile o se invece avremo potuto fare qualcosa. E dire che è stata colpa dell'incontrollabile a mio avviso è molto più grave del contrario, perchè allora il progetto ha un tale rischio che non vale la pensa  di realizzarlo, almeno che non si voglia far fallire l'ente che si propone di realizzare il progetto. Come è vero che Quattro meno Otto non fa Zero!!! Quindi, se vogliamo (e io me lo auguro) continuare a progettare percorsi così importanti e interessanti (almeno potenzialmete), credo vi sia la necessità di fare una verifica ogni tanto e dare a Cesare ciò che è di Cesare, non fare i buonisti, che tutto viene dall'alto e noi siamo piccole pedine in balia del vento!
In pratica, tornato dalle ferie, mi ritrovo il progetto con l'acqua alla gola ed un "rimprovero" dal capo per una mia mail in cui dichiaro la necessità di un incontro di verifica perchè l'avvenuto sia contenuto il più possibile nelle prossime progettazioni.

Ok, fine del discorso sconclusionato che continuerà nella mia testa in un monologo senza tremolii, anzi con tono caustico e prepotente.

lunedì 8 aprile 2013

Sogni, Desideri, Progetti

Scrivere era un mio sogno. Avere un figlio era un mio sogno. Andare in Giappone, comprare una moto, una casa, un auto senza fare prestiti. Avere l'indipendenza e fare un lavoro utile: questi sono diventati progetti.
Sono un ragazzo viziato, forse un uomo viziato. Ho trentanni, forse è arrivato il momento di chiamarsi uomini. Son convinto di essere stato adolescente per un tempo molto più ampio del normale. Un'altra parola che mi dà problemi. Come "morte".
Sdraiato nel letto era più facile farmi le paranoie, credo  c'entri il come il sangue circoli e sia posizionato il cervello. La puntata di Futurama, dove il dottore prende un colpo alla schiena ed è costretto a vivere con la testa riclinata in basso o in alto, è stata illuminante.
A stare bene probabilmente non mi ci trovo. Voglio avere qualche fisima mentale, qualche psicodramma esistenziale da vivere, per sentirmi vivo. E continuo ad auto-analizzarmi, cercando di scovare tutti i sotterfugi della mente, qualche barriera o alias che l'io vuole mettere per difendersi, ma parto dalla convenzione che la verità sia meglio di una bugia, o meglio, di voler sapere la verità, magari solo per raccontarmela meglio poi.
Parlare del mio sogno di scrivere mi sarà più facile del parlare dell'avere un figlio, anche se in comune potrebbero avere molto. Il desiderio da cui nascono è probabilmente la sopravvivenza alla morte. Non ho bisogno in effetti di descrivere questi sogni, sono abbastanza comuni.
Quello che mi destabilizza è dover accettare la loro irrealizzabilità, con l'enorme paura di quello che ciò comporterebbe. Fare finta non è nel mio stile. Intendo, passare sopra a ciò che provo o dovrei provare per logiche conseguenze, non potrei fare a meno di far scattare un gorgo di domande e risposte, un vortice obliante buio con pochi filamenti di luce e solo nella parte in superficie. Un vortice marino, con una grossa matassa nera nel mezzo: se scattasse l'intero sistema ho paura che quella sarebbe la mia destinazione.
Però non sono abituato ad abbandonare i sogni, che cosa mi dai in cambio? Un sostituto? L'amore gay è un sostituto? Direi che è quello che sono, io sono gay, io sono io. Allora forse è questione di conoscersi, per assurdo colui che è convinto di avere un conscio molto più grande di altri, anzi di essere diverso e strano proprio perchè il suo inconscio è costantemente messo alle strette, alla fine non sa ancora chi è, non sa nemmeno rispondersi a domande quali "cosa ti piace?", "cosa ti soddisfa?", sei tu o quello che vorresti che gli altri vorrebbero che tu fossi, il modello migliore e giusto che secondo te dovresti essere, la persona che vorresti essere ma non sei.
In fondo anche questi discorsi sembrano non voler rispondere, o non voler parlare, di non essere o diventare uno scrittore o padre.