lunedì 28 giugno 2010

Anime Perse

Ci siamo, il periodo è finito. Si torna presto a casa, in Italia. Niente lavori fissi, lunedì comincio un corso di 100 ore a Cles. Vengo pagato bene, sei ore al giorno, dal lunedì al giovedì. Una settimana fa avevo pensato, romanticamente pensato, di stare per il periodo di docenza a casa di Simone. Faccio troppi pensieri romantici e succede sempre che queste mie scene mentali vengano deluse e negate. Così m'incupisco e m'incazzo. Sono anche senza forze per sopportare l'intera situazione, a prendere decisioni, a cercare di rincorrere e accalappiare, a trattenere per il colletto ogni speranza e trascinarla per dei momenti paradisiaci. Ma che non sono sufficienti, non sono abbastanza, anche perchè vengono troppo tardi, forse. Possibile sia stata tutta una conseguenza alla mia partenza per la Germania? Volevo in effetti che questa distanza e questo tempo di tre mesi potesse mettere un pesante paletto con il passato, la fine di una condizione instabile, che si creasse quello stacco necessario perché si cominciasse a vivere la storia finalmente come la volevo io. Un amore equilibrato, con delle reali premesse per un futuro insieme. E invece... ma tanto tutti se lo aspettavano, tutti lo sapevano e forse ora saranno contenti e soddisfatti. Ha fatto una scelta e mi ha chiamato. Gli ho risposto, lui mi dice che è meglio troncare la storia. È una filastrocca che ho già sentito. Ma io non ho le forze per mettermi a controbattere e poi non c'è più nulla, non c'è una ragione perché il mio progetto sia meglio del suo. Non rimane più molto tempo. Lui ha deciso. Se deve finire vuole bruciarsi fino alla fine. Rimanere solo cenere bianca. Niente io e lui, magari in una stanza di ospedale, niente ultime settimane, ultimi giorni, ultime ore. Niente più romantiche tenerezze, niente più amore, niente più calore tra noi, o intimità. No, meglio bacco, l'oppio, l'assenzio. Che valore ha l'amore, che forza? Viene sistematicamente schiacciato da queste cose. Quale forza? Quale bene? Per amore... niente. Non c'è niente.
Mi ha chiesto se mi andava bene. Gli ho risposto che la mia opinione non ha alcuna importanza, non ha neppure senso chiedermelo. Non ho più le forze per convincerti o per discutere. Qualunque sia la tua scelta, a me sta bene. Capisco che hai paura e sei disperato, e davanti a questa situazione non scegli di divertirti, ma di ritirarti cercando di scappare. Non riesci neanche tu a sopportare tutto questo. E io sono senza forze. “Ti ho voluto davvero bene e ti auguro di essere felice”, dovrei ringraziarti? Simone questa volta è finita sul serio, ti ho detto che per me e per te non dobbiamo più sentirci. Non possiamo stare insieme in nessun senso, perché non posso starti accanto senza provare tutti i desideri di questo mondo. Perché non posso fare altro che amarti in questo mondo. E non posso permettermi neanche di lasciarti senza rabbia, senza essere arrabbiato con te e la tua scelta. Io non posso proprio, perché se rimango con l'idea di volerti ancora bene, se dovessi ancora pensare che tu sei una persona buona, una persona bella, non potrei fare a meno di idolatrarti, di amarti e di comportarmi di conseguenza. Di appoggiarti e di starti accanto in qualunque modo.

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