venerdì 11 settembre 2009

Suck it!

Oggi ho staccato prima dal lavoro, non so se per il pranzo indigesto, per la storia con Simone che è finita o per le braghe troppo strette. Ho la nausea e la testa che mi dice di essere disperato. E ovviamente la mia coscienza prende tutto questo in maniera distaccata, come una specie di evento che sconvolge il corpo, i sensi, il sentimentale che ha poco a che fare con lei. Già vivo una mia spaccatura, tra ciò che provo come fosse un oggetto di analisi e il pensiero, la capacità logica di ordinare parole per mettere senso a ciò che avviene. Come farò a sfogarmi? Il mio grande problema è questo: lo sfogo. Devo farmi prendere da momenti di insana follia, si fa per dire, ché ogni volta in realtà mi creo un piccolo contenitore, un lasso di tempo dove la pantomima del dramma mi è completamente concessa. Come ieri: mi son spogliato rimanendo in mutande, accomodato la coperta similmente ad un fagotto, mi ci sono adagiato vicino e ho cominciato a piangere, a tirare deboli pugni alla coperta, rimescolandola con le mani disperse a simulare la confusione, il non-senso, lasciandomi andare a mezze frasi, mezze parole per poi culminare con delle frasi mai dette, “al buio sospirate”, ma mai dette, pensate e per l'orrido cancellate o violentemente allontanate. Hai rovinato la mia vita, l'hai resa un inferno, ti odio, ti odio, ti odio! Tantissimo rancore e meravigliarsi ancora di darsi un'ennesima scelta. Per assurdo credere di poter, anzi no, la cosa più assurda è credere di voler ancora aggiustare le cose, di vedere un futuro insieme. E ancora cercare di imparare da questa esperienza, ma ho il dubbio che certe esperienze siano semplicemente sbagliate, invalide. Dovrei forse capire che il sentimento non basta e che anzi spesso è secondo alle cose più pratiche? Dando per scontato che il sentimento ci sia in questa storia. 3 anni, posso pensare di aver fatto tutto quanto per motivi ben diversi dall'amore? Per alimentare una qualche idea di me o altro? Che nulla a che fare con l'amore, ma con la psicologia o la psicosi di un ragazzino perennemente adolescente (parlo di me, non di lui).

Non potevo continuare a lavorare oggi disapprovando o approvando come inutile per me tutte le cose che stavo facendo. Sarò un ingrato forse, ma l'attività commerciale a me non interessa e non riesco ad apprezzarla a sufficienza per farci qualcosa.

Troppe poche cose hanno senso.

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