lunedì 8 aprile 2013

Sogni, Desideri, Progetti

Scrivere era un mio sogno. Avere un figlio era un mio sogno. Andare in Giappone, comprare una moto, una casa, un auto senza fare prestiti. Avere l'indipendenza e fare un lavoro utile: questi sono diventati progetti.
Sono un ragazzo viziato, forse un uomo viziato. Ho trentanni, forse è arrivato il momento di chiamarsi uomini. Son convinto di essere stato adolescente per un tempo molto più ampio del normale. Un'altra parola che mi dà problemi. Come "morte".
Sdraiato nel letto era più facile farmi le paranoie, credo  c'entri il come il sangue circoli e sia posizionato il cervello. La puntata di Futurama, dove il dottore prende un colpo alla schiena ed è costretto a vivere con la testa riclinata in basso o in alto, è stata illuminante.
A stare bene probabilmente non mi ci trovo. Voglio avere qualche fisima mentale, qualche psicodramma esistenziale da vivere, per sentirmi vivo. E continuo ad auto-analizzarmi, cercando di scovare tutti i sotterfugi della mente, qualche barriera o alias che l'io vuole mettere per difendersi, ma parto dalla convenzione che la verità sia meglio di una bugia, o meglio, di voler sapere la verità, magari solo per raccontarmela meglio poi.
Parlare del mio sogno di scrivere mi sarà più facile del parlare dell'avere un figlio, anche se in comune potrebbero avere molto. Il desiderio da cui nascono è probabilmente la sopravvivenza alla morte. Non ho bisogno in effetti di descrivere questi sogni, sono abbastanza comuni.
Quello che mi destabilizza è dover accettare la loro irrealizzabilità, con l'enorme paura di quello che ciò comporterebbe. Fare finta non è nel mio stile. Intendo, passare sopra a ciò che provo o dovrei provare per logiche conseguenze, non potrei fare a meno di far scattare un gorgo di domande e risposte, un vortice obliante buio con pochi filamenti di luce e solo nella parte in superficie. Un vortice marino, con una grossa matassa nera nel mezzo: se scattasse l'intero sistema ho paura che quella sarebbe la mia destinazione.
Però non sono abituato ad abbandonare i sogni, che cosa mi dai in cambio? Un sostituto? L'amore gay è un sostituto? Direi che è quello che sono, io sono gay, io sono io. Allora forse è questione di conoscersi, per assurdo colui che è convinto di avere un conscio molto più grande di altri, anzi di essere diverso e strano proprio perchè il suo inconscio è costantemente messo alle strette, alla fine non sa ancora chi è, non sa nemmeno rispondersi a domande quali "cosa ti piace?", "cosa ti soddisfa?", sei tu o quello che vorresti che gli altri vorrebbero che tu fossi, il modello migliore e giusto che secondo te dovresti essere, la persona che vorresti essere ma non sei.
In fondo anche questi discorsi sembrano non voler rispondere, o non voler parlare, di non essere o diventare uno scrittore o padre.

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