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tramite Diario Scapestrato di Alucard82 il 17/10/06
Cominciata ieri la mia settimana di lavoro continuato. Dalle 5 alle 4 del mattino, con pochissime persone nel locale, e solo io e uno dei due miei capi. L'altro è andato a Belgrado dai parenti della moglie. Nel fine settimana scorso con questo che sostituisco ci ho litigato. Claud, la ragazza che ora lavora con noi, ha detto che si sarebbe fatta volentieri un africano. L'affermazione ha fatto rabbrividire i miei due capi e già lì la mia indole cristiana-politica ha tentennato un pò, ma il tono era scherzoso, quindi ho lasciato perdere. Dopo un pò Claud riprende il discorso, cercando di spostarlo su un piano un pò più serio, le reazioni sono state quelle di trovare giustificazioni razionali per i quali gli africani (i "negri", da loro chiamati) non erano adatti a lei. Prima motivazione portata: puzzano(e hanno detto una cosa tipo che non è perchè non si lavano, ma perchè è l'odore della loro pelle, "ci nascono con quell'odore..."). Seconda motivazione: non ci sono "negri" belli, sono più vicini geneticamente alle scimmie(O_o). Non ho saputo resistere dal commentare "state facendo un discorso di merda". Uno dei due capi risponde con un "ecco arriva il filosofo, va, va".... come prego? "Filosofo o meno, questo rimane un discorso di merda" e me ne vado indignato a prendere un ordine ai tavoli.Mi sembrava dovesse finire lì, e credevo fosse chiaro a tutti che con presente certi discorsi è meglio evitarli, ma invece no... L'altro cao, quello che non aveva detto nulla, rimpinza d'epiteti vari gli extra-comunitari, riferendosi ad essi come ad una "razza". Lo fermo, e gli ripeto che sta dicendo una cacata sopra l'altra. Lui alza la voce e mi fa che le prigioni sono piene solo di neri, che sono stati loro a portare la droga in Italia, che son tutti dei ladri e dei violenti... davanti a tanta ignoranza, non riesco a star,mene zitto: gli dico che vede solo quello che gli fa comodo, che cerca soltanto d'incolparli per evitarsi problemi di coscienza e che il suo discorso è da razzisti. "Ma che cazzo ne vuoi sapere tu di quello che ho passato io? Non c'eri tu quando qua fuori c'erano i marocchini che s'accoltellavano fra loro!" "Che discorso di merda stai facendo? Che cazzo vuol dire? E tu? Sai quello che ho passato io? il tuo è un discorso razzista" "Sì sono razzista e sono fiero di esserlo!" "Cosa? Che schifo... etc. etc.", questo in sintesi è stato los cambio di parole tra noi due, io sono uscito dal locale incazzato, lui ancora dentro, dopo esserci dati una tregua del tipo "finiamo qui il discorso perchè tanto è inutile", si è messo a parlare con Claud sparlando di me "ma che cazzo ne vuole sapere lui? ha solo vent'anni in bocca, mentre dovrebbe solo ascoltare", non lo lascio proseguire oltre, apro la porta e gli dico: "Se hai qualcosa da dirmi, dimmelo in faccia... vent'anni in bocca, sì, comodo giustificarsi in questo modo". Il giorno dopo ho avuto l'emicrania. Certe cose chiamano la parte più orgogliosa in me, quella che si sente appartenere di più all'umano, quella che appare incazzata, ma in realtà è solo ferito e immensamente triste. perchè quando sento certi discorsi, la mia mente va subito ai morti passati e a quelli di ogni giorno e, purtroppo, a quelli che verranno per colpa di certe ideologie, di certi pregiudizi, per certe ignoranze sociali, generate dall'odio, dalla paura e da un orgoglio chiamato in risposta alla codardia davanti a delle responsabilità sociali e universali. Ma non voglio dilungarmi troppo spiegando a cosa mi riferisco, perchè basta alzare di poco il volume della sensibilità per captare la sofferenza che ci sta tutt'attorno, di cui siamo magari spettatori inconsapevoli e inermi, anche se sarebbe gà un passo avanti non da poco se cominciassimo a guardare nel nostro piccolo mondo e a trovare dove si nascode, maliziosa e sottile, l'intolleranza e l'atteggiamento corrosivo che intacca una buona coscienza sociale; perchè, tutti noi, siamo piccolissime gocce gettate nell'oceano, ma ognuna può provocare giganteschi maremoti.
Bhà! Avrei voluto scrivere delle tracce che cerco inutilmente di me stesso negli scritti di altri, della ragazza che oggi al bar ha detto al capo"ma tu credi possibile ad una relazione con una ragazza più giovani di te di molto? Dovresti provare...", del ragazzo dai capelli rasati e biondi, e dagli occhi azzurri che mi ha sorriso e a cui ho risposto con dell'imbarazzo evidente... ma si è fatto tardi, e con il sommarsi d'impegni(anche universitari per quanto sembri impossibile) non ho più molto tempo da dedicare a me stesso. Perchè "l'altro" è sempre così invadete?
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